Tarlo

DEFINIZIONE
Il nome “TARLO” viene comunemente usato in termini ippiatrici per descrivere un’interessante patologia dello zoccolo caratterizzata da un difetto della muraglia che si scolla dai tessuti sottostanti. Nella letteratura anglosassone tale sindrome viene denominata in vari modi, tra cui ricordiamo “white line disease” (malattia della linea bianca), “seedy toe” ( punta sfarinata), “Talse quarter” (quarto falso).
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EZIOLOGIA
Numerose sono le cause proposte per spiegare questa patologia.
Sicuramente intervengono molteplici fattori predisponenti che favoriscono l’insorgere della malattia. Tra questi sono stati suggeriti dei fattori ambientali, nutrizionali, genetici, di gestione e legati al pareggio ed alla ferratura.
FATTORI AMBIENTALI: le condizioni della lettiera o delle terreno dove normalmente vive il cavallo possono influire sull’insorgenza della malattia; in particolare si è notato che un clima umido, un pascolo molto fangoso e soprattutto una lettiera sporca e molto bagnata, possono incrementare il numero di casi osservati.
Il clima freddo sembra diminuire l’incidenza dei casi, e questo fatto potrebbe spiegare la minor conoscenza della malattia nei paesi del nord Europa.
FATTORI NUTRIZIONALI: alcune carenze nutrizionali di vitamine od oligoelementi che possono favorire un indebolimento dell’unghia, possono di conseguenza favorire l’insorgere di questa patologia.
In particolare, questo fatto può più facilmente verificarsi in soggetti che sono già predisposti geneticamente ad una debolezza strutturale dell’unghia.
Questo concorda con l’osservazione pratica che solo un numero esiguo di cavalli risponde favorevolmente ad una integrazione alimentare.
FATTORI GENETICI: alcuni soggetti hanno unghie più deboli, facilmente soggette a sfaldarsi, che non reggono il ferro.
Ovviamente un’unghia più delicata può essere più facilmente preda di una tale patologia.
Si è inoltre osservato che i cavalli colpiti da ‘”Tarlo” in forma grave, tendono più facilmente, dopo la guarigione, ad avere successive ricadute; questo nonostante siano strettamente controllati e si cerchi di limitare il più possibile tutte le cause.
I muli sembrano essere particolarmente soggetti, mentre i P.S.A. sembrano essere molto resistenti.
FATTORI DI GESTIONE: una non ottimale gestione dell’unghia, intesa come scarsa pulizia e cura, intervalli di ferratura eccessivi, può fungere da fattore predisponente all’insorgere della malattia.
FATTORI ASSOCIATI AL PAREGGIO E ALLA FERRATURA: un pareggio e una ferratura non corretti sono tra le cause più importanti in quanto aprono direttamente la strada alla introduzione di quegli agenti casuali che poi daranno origine alla patologia.
La parte che riguarda i fattori casuali, e sicuramente quella che più risente della mancanza di studi specifici che siano giunti ad una conclusione univoca del problema.
Infatti per quanto agenti infettivi siano stati sospettati da sempre, ed alcuni autori abbiano isolato sia batteri che funghi, rimane da dimostrare scientificamente se questi organismi invadano direttamente l’unghia, o se siano presenti secondariamente come opportunisti.
Si può proporre la seguente teoria: in presenza dei fattori predisponenti sopra elencati, che contribuiscono ad indebolire l’unghia, si verifica un piccolo distacco di origine meccanica a livello della linea bianca, che apre la porta all’invasione di microrganismi normalmente presenti nell’ambiente, che progrediscono successivamente erodendo il tessuto corneo e causando quei danni che poi si evidenziano clinicamente.
Questa teoria spiegherebbe alcuni fatti che si verificano nei cavalli colpiti da “tarlo”.
Innanzitutto il fatto che se non viene asportato tutto il tessuto distaccato, la malattia progredisce nel tempo, interessando nuove porzioni di tessuto, inoltre il fatto che l’insorgenza avviene in qualsiasi punto dell’orlo plantare senza particolari predilezioni per determinati settori dello zoccolo.
SINTOMI CLINICI
La malattia decorre in modo asintomatico, in quanto il distacco della muraglia avviene a livello della linea bianca, quindi nello spessore del tessuto corneo, devitalizzato, insensibile.
Solitamente il primo segnale della presenza del “tarlo” è una fessura in corrispondenza della linea bianca, a qualsiasi livello del cercine plantare, visibile dopo aver tolto il ferro. Per questo motivo la persona maggiormente coinvolta nella diagnosi precoce di “tarlo” è il maniscalco, il quale, dopo aver effettuato il consueto pareggio dell’unghia, ha la possibilità di controllare tutto lo zoccolo.
Nei casi dubbi è utile raschiare la parte interessata con un normale curasnetta, e verificare in tale modo fino a che profondità si estende l’eventuale distacco.
Qualora questo superi la lunghezza di qualche millimetro, è molto probabile che si tratti di un caso iniziale di “tarlo”. A questo punto bisogna operare una scelta, nella quale è indispensabile coinvolgere il proprietario.
E’ possibile infatti pulire la parte solo superficialmente, disinfettare e riapplicare il ferro, oppure fare una pulizia radicale, asportando tutto il tessuto danneggiato, fino a togliere qualche millimetro di tessuto sano. Nel primo caso si ha il vantaggio di poter riferrare immediatamente il cavallo senza ulteriori interventi, ma si corre il rischio di lasciare in sito una patologia che alla prossima ferratura si presenterà aggravata; nel secondo caso si ha il vantaggio di eliminare sul nascere un eventuale problema, correndo il rischio di asportare, magari inutilmente, alcune parti di muraglia e quindi di dover ricostruire parte dello zoccolo artificialmente per poter ferrare il cavallo.
Quando il distacco assume le dimensioni di qualche centimetro, è possibile che una piccola parte della muraglia vicino al margine plantare si sollevi, rompendosi.
In tal caso è possibile rilevare la presenza della malattia anche con il ferro in sito, sempre aiutandosi con una curasnetta.
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Esiste anche la possibilità di avere un notevole distacco della muraglia pur rimanendo normale l’ultima parte in corrispondenza del margine plantare.
Si tratta di casi che vengono evidenziati casualmente, durante un esame radiologico della parte, in proiezione latero-laterale, effettuato per altre patologie.
Infatti il “tarlo” erodendo l’unghia ne diminuisce lo spessore e crea un’immagine più scura dovuta alla presenza di aria.
Dopo aver asportato il ferro e pareggiato l’unghia in corrispondenza della zona interessata, talvolta non è possibile rilevare nulla di anomalo; solo dopo aver scavato in profondità lungo la linea bianca per parecchi millimetri, in un tessuto apparentemente sano, è possibile trovare la zona interessata, che si estende solitamente per vari centimetri. Dopo aver asportato la prima parte di tessuto, è molto semplice stabilire quali porzioni sono ancora interessate dalla malattia, e quindi devono essere asportate e quali invece no.
Raschiando l’unghia con una curasnetta o un ferro analogo, le parti malate si sbricioleranno facilmente, mentre il tessuto sano rimarrà integro. Inoltre le parti interessate hanno l’aspetto del legno tarlato, da cui deriva il nome di questa patologia.
Solitamente infatti si trova un tessuto di colore biancastro che si sbriciola facilmente, senza odori particolari.
Se c’è la concomitante presenza di un’infezione si può trovare un materiale scuro, maleodorante.
DIAGNOSI
La diagnosi di “tarlo” nella maggior parte dei casi, è basata sull’aspetto clinico della malattia.
Considerare come tarlo qualsiasi distacco, anche lieve, della muraglia, ed agire di conseguenza.
Nei rari casi in cui e presente zoppia è necessario svolgere un completo esame con anestesie semeiologiche ed eventuali esami radiologici.
Un controllo radiografico della terza falange per verificare la presenza di un’eventuale rotazione é comunque indicato nei casi in cui la patologia interessi la punta e si estenda per almeno metà dell’altezza della muraglia.
Fino ad ora il prelievo di campioni per esami colturali non era una pratica comune, in quanto non portava comunque utili indicazioni terapeutiche. Con l’avvento, però, delle nuove resine per la ricostruzione, alle quali può essere aggiunto un antibiotico, questi esami assumeranno probabilmente una maggiore importanza pratica.
TERAPIA
Sebbene le cause rimangano ancora non ben definite, la terapia sintomatica ha un ottima percentuale di successi. L’asportazione di tutta la muraglia staccata, con esposizione dello strato lamellare corneificato, rimane la parte più importante della terapia. Non è infatti plausibile pensare che qualsiasi medicamento possa giungere nella parte più prossimale del difetto della muraglia, attraversando vari centimetri di tessuto.
Il problema non è quindi di scegliere il medicamento più efficace, ma di far si che questa medicina giunga in contatto con la parte più profonda del distacco, dove il processo di digestione del tessuto corneo è attivo, dove in pratica l’agente patogeno è attivo.
Inoltre asportando tutto il tessuto interessato dalla patologia fino ad asportare una piccola porzione di tessuto sano, si asporta anche l’agente patogeno, si limita drasticamente la possibilità di ulteriore diffusione.
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Dopo la totale asportazione del tessuto interessato, si consiglia di applicare quotidianamente un disinfettante a base di iodio (tintura di iodio o meglio Betadine soluzione), in quanto questa categoria di farmaci presentano un ampio spettro di azione sia contro batteri che contro funghi.
Inoltre dopo qualche giorno di applicazione, in sede di controllo dell’asportazione effettuata, è possibile utilizzare la colorazione assunta dall’unghia per verificare l’esistenza di punti di infiltrazione.
Tagliando infatti uno strato superficiale della giunzione tra strato lamellare corneificato e la muraglia, si verifica molto facilmente la presenza di infiltrazioni di disinfettante, per il colore scuro dello stesso, che stanno a significare delle zone di distacco a volte di dimensioni microscopiche.
Queste, se lasciate, potrebbero fungere da punto di partenza di ulteriori distacchi.
Un’analoga funzione può essere svolta da altri coloranti, come il blu di metilene.
Essendo l’unghia un tessuto corneificato, molto resistente, è possibile impiegare praticamente qualsiasi tipo di sostanza chimica per la disinfezione, senza arrecare alcun danno al tessuto sano.
Questo spiega l’utilizzo, da parte di alcuni, delle sostanze più disparate, dal petrolio lampante, all’ipoclorito di sodio (candeggina), al verde rame e a molte altre ancora.
L’unica avvertenza è di stare molto attenti che la sostanza impiegata, colando lungo lo zoccolo, non venga in contatto con la corona o i tessuti soprastanti, dando luogo a lesioni anche gravi.
Secondo alcuni l’impiego di formalina come mezzo terapeutico da applicare con cadenza settimanale, ha ottenuto dei risultati interessanti.
Bisogna prestare comunque attenzione nell’impiegare alcune di queste sostanze, come appunto la formalina, in quanto sono sostanze tossiche, la cui semplice inalazione può causare dei danni.
Dopo aver scrupolosamente eseguito questa parte della terapia, bisogna decidere se operare o meno la ricostruzione della porzione di muraglia asportata con resina sintetica.
La decisione di ricostruire o meno la muraglia, dipende da vari fattori, in primo luogo dall’estensione e dalla posizione della porzione asportata, dalla possibilità di applicare ugualmente il ferro e dal tipo di lavoro che il cavallo deve svolgere.
Ricostruire artificialmente la parte di muraglia asportata consente infatti di applicare comunque il ferro, permettendo in tal modo di utilizzare il cavallo e nello stesso tempo consentendo una crescita normale della muraglia sana, senza deformazioni.
Lasciare infatti senza ferro un cavallo al quale sia stata asportata buona parte di un quarto, cosa tutt’altro che rara, porta come conseguenza, oltre al mancato utilizzo del soggetto per un periodo di svariati mesi, anche la deformazione della muraglia in corrispondenza della parte mancante.
La parte sovrastante la zona asportata infatti, pur essendo normalmente gravata dal peso dell’animale, è priva del contatto con il terreno; di conseguenza essendo l’unghia un tessuto elastico e soggetto a variazioni di forma nel tempo a seconda delle forze ad esso applicate, tende a deformarsi ispessendosi e inclinandosi verso la parte asportata.
Questo comporterà quindi un notevole lavoro di modifica della forma dello zoccolo dopo la sua completa ricrescita.
Esistono comunque anche delle controindicazioni alla ricostruzione con resina che si possono riassumere nella possibilità di lasciare inavvertitamente uno o più punti ancora infetti che daranno luogo ad una ulteriore continuazione della patologia, e nel costo di questa operazione.
In tutti i casi in cui non è possibile ferrare il cavallo con un adeguato numero di chiodi, o si prospetta una possibile deformazione nel tempo della muraglia, si consiglia sempre di procedere alla ricostruzione con resina della parte alcuni giorni dopo l’asportazione, per consentire un’adeguata disinfezione ed ulteriore controllo.
Ricordiamo alcuni punti fondamentali nella ricostruzione della muraglia.
La scelta del tipo di resina da impiegare è importante, poichè esistono svariate marche di resina sul mercato, con caratteristiche diverse. La scelta di quale impiegare è principalmente influenzata dalla loro disponibilità e dalle loro caratteristiche intrinseche.
COMPLICAZIONI
Le possibili complicazioni di questa patologia sono direttamente proporzionali all’estensione del tessuto interessato ed alla sua posizione. L’asportazione di alcuni centimetri di muraglia in qualunque posizione, non comporta alcun rischio, mentre se la parte asportata interessa circa metà od oltre della distanza tra margine plantare e cercine coronario, è possibile che si verifichino alcune complicazioni.
In corrispondenza di un quarto si avrà una progressiva deformazione dello zoccolo che si inclinerà verso la parte mancante.
In corrispondenza della punta, esiste un serio rischio che sia in atto o stia per avvenire una rotazione della terza falange, del tutto simile a quella che si verifica in corso di laminite.
In pratica il meccanismo alla base della rotazione è identico nelle due malattie, ma nel caso di tarlo il distacco avviene a livello della porzione corneificata, mentre nel caso di laminite avviene a livello dello strato lamellare.
Il trattamento delle due patologie in questo caso segue comunque i medesimi principi.
La presenza di rotazione della terza falange costituisce una complicazione molto grave, che rende riservata se non addirittura sfavorevole, la prognosi per un futuro utilizzo sportivo di un simile soggetto.
PREVENZIONE
Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile parlare di prevenzione del tarlo, in quanto non esiste alcun tipo di accorgimento di cui sia stata scientificamente provata la validità.
Esistono alcune ipotesi di lavoro che necessitano di ulteriori studi, come ad esempio l’utilizzo di ferri in rame in sostituzione di quelli in ferro o in alluminio, con il vantaggio di ottenere la formazione di un composto a base di solfato di rame nel punto di contatto tra unghia e zoccolo.
Questo favorirebbe una sorta di disinfezione permanente della parte.
Si tratta di una interessante ipotesi, la cui validità è però da dimostrare con una serie di studi scientifici e con prove pratiche.
A tutt’oggi l’unica possibilità di prevenzione che abbiamo è quella di eliminare o almeno limitare il più possibile tutti i fattori predisponenti di cui si è parlato.
Un discorso a parte meritano quei soggetti che hanno già manifestato dei seri casi di tarlo.
In questi casi il controllo dopo ogni pareggio deve essere particolarmente scrupoloso, come rigorose devono essere le precauzioni di cui sopra, in quanto si tratta di soggetti che più facilmente saranno nuovamente affetti da questa patologia.
(Tratto da arabitalia.com, articolo completo a cura del Dott. Massimo Magri)
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